In questi giorni vi è gran fermento sui nuovi modelli di PEI. Si trova in rete un’alta concentrazione di articoli allarmistici che gridano allo scandalo e che vedono nelle novità previste un duro colpo per l’inclusione scolastica. “Si torna alle classe speciali!” gridano… e i genitori sono giustamente molto preoccupati.
C’è il timore di tornare indietro, ma siamo convinti di essere oggi così avanti? Non prendiamoci in giro. Sappiamo bene che non navighiamo in acque sicure e serene da tanti anni e che il processo di inclusione è minato e messo a durissima prova quotidianamente. C’è da combattere per poter restare in classe, per frequentare le lezioni ad orario pieno, per andare in gita,…, c’è da combattere per contrastare l’uso di aule speciali dai nomi fantasiosi o classi speciali celate sotto la dicitura “laboratorio di…”. C’è da combattere ogni giorni perché l’alunno con disabilità venga visto, prima ancora che come risorsa, come persona che, come i suoi coetanei, ha diritto di crescere e vivere esperienze di qualità insieme agli altri. Tutto ciò sta accadendo adesso…
Sappiamo certo che per migliorare tale situazione non basterà un nuovo decreto o un documento più preciso da compilare. Ciò che manca è un saper fare inclusione, è un modo di di pensare all’alunno (in generale, non solo a quello con disabilità) e alle dinamiche dell’apprendimento. Su tutto questo la Scuola italiana è molto molto in crisi da diversi anni.
Potremo aprire lunghi trattati per indagarne le cause in una prospettiva storica, ma non è questa la sede giusta. Quello che ci interessa capire in questo momento è: il nuovo modello di PEI rischia davvero di peggiorare la situazione attuale oppure, pur mantenendo alta l’attenzione e l’atteggiamento critico nei suo confronti, ci può fornire occasioni utili per portare in classe un nuovo modo di vedere la persona con deficit?
In questa scritto vorremmo riportare alcuni di quelli che a nostro avviso sono gli aspetti più utili che le nuove linee guida e i nuovi modelli ci potranno offrire e che possono andare a vantaggio del processo di inclusione.
1. Un modello unico.
Innanzitutto si arriverà finalmente ad un unico modello, uno per ogni ordine di scuola. Ad oggi ogni Scuola può adottare il modello che più ritiene opportuno, creando grande confusione e frammentarietà.
Dal prossimo anno scolastico infatti vi sarà un unico modello a sostegno di un linguaggio comune:
- scuola dell’infanzia: https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/allegati/ALLEGATO%20A1_PEI_INFANZIA.pdf
- scuola primaria: https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/allegati/ALLEGATO%20A2_PEI_PRIMARIA.pdf
- scuola secondaria di primo grado: https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/allegati/ALLEGATO%20A3_PEI_SEC%201%C2%B0%20GRADO.pdf
- scuola secondaria di secondo grado: https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/allegati/ALLEGATO%20A4_PEI_SEC_2%20GRADO.pdf
Ciascuno dei 4 modelli ha come finaltà – dichiarata nel decreto – di essere uno strumento di progettazione educativa e didattica, di durata annuale, in cui indicare strumenti e strategie da adottare al fine di realizzare un ambiente di apprendimento inclusivo che promuova lo sviluppo delle facoltà degli alunni con disabilità con particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere.
Il punto di partenza per la sua stesura sono i punti di forza dell’alunno nelle diverse dimensioni del funzionamento (relazione – comunicazione – autonomia e orientamento – cognitiva e dell’apprendimento). Cfr. sezione 4 “Punti di forza sui quali costruire gli interventi educativi e didattici”.
2) PEI e Profilo di Funzionamento secondo la prospettiva ICF – Nuova sezione dedicata alla progettazione curricolare
Come sapete da qualche tempo si sta parlando di prospettiva ICF.
L’ICF rappresenta una rivoluzione molto interessante nella definizione e nella percezione della salute e della disabilità. Grazie ad un approccio integrato, per la prima volta, vengono presi in considerazione i fattori ambientali (il contesto!), classificandoli in maniera sistematica. Ciò permette il mettere in correlazione lo stato di salute della persona con l’ambiente in cui vive, arrivando alla definizione di disabilità come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.
Finalmente viene chiesto agli insegnanti di spostare lo sguardo da ciò che l’alunno sa/non sa fare, da tutti i suoi difetti… e ciò che lo sostiene/lo inibisce. Questo è un passo avanti molto importante. Finalmente si avrà uno strumento che vuole spostare l’attenzione dalle difficoltà di apprendimento a quelle di insegnamento.
Per quanto il MIUR già dal 2017 invitasse gli insegnanti ad adottare tale prospettiva, la Scuola complessivamente ha continuato fino ad oggi ad adottare un vecchio approccio, più di tipo difettologico, impuntando le cause dell’insuccesso per lo più alla persona stessa e alla sua disabilità.
NUOVO MODELLO: Il nuovo modello di PEI IMPONE dal prossimo a.s. l’utilizzo della prospettiva ICF e costringe il team docenti all’uso della prosa per descrivere i punti di forza dell’alunno, il suo funzionamento e tutte quelle che sono le barriere e i facilitatori presenti nel contesto.
Cfr. sezione 6 dei modelli PEI – Osservazioni nel contesto scolastico con indicazione delle barriere e dei facilitatori a seguito dell’osservazione sistematica dell’alunno/a e della classe.
Questa sezione viene ulteriormente arricchita nel modello destinato alla scuola superiore aggiungendo: “anche tenuto conto delle indicazioni fornite dallo/a stesso/a studente/essa“. Questo significa che l’alunno con deficit, alla scuola secondaria, diventa lui stesso un interlocutore attivo del suo progetto personalizzato.
Nel testo si legge che questo ha lo scopo di: promuovere la massima partecipazione rispetto a una progettazione educativa rivolta a loro, considerando la prospettiva di autonomia della vita adulta e il principio di autodeterminazione definito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che sancisce: «Il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale – compresa la libertà di compiere le proprie scelte – e l’indipendenza delle persone».
ATTENZIONE ALLA PROGETTAZIONE UNIVERSALE!
Nell’indagare le barriere è opportuno fare riferimento non soltanto a facilitatori individuali rivolti alla persona con disabilità, ma anche a facilitatori universali. A tale scopo è utile richiamare i principi di “Progettazione universale” e di inclusione, su cui l’ONU si è più volte pronunciata. In particolare, la progettazione universale indica la progettazione e la realizzazione di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili e accessibili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di azioni specializzate.
Questo è un aspetto molto importante in quanto invita gli insegnanti a progettare NON azioni separate e lontane da quelle della classe ma una programmazione rivolta a tutta la classe, che tenga conto anche dell’alunno con disabilità (oltre che di tutte le originalità che caratterizzano la classe); una programmazione alla quale ciascuno possa accedervi, proprio come dovrebbe avvenire poi anche nel fuori scuola: non un contesto speciale, ma strategie, mediazioni e accomodamenti ragionevoli per accedere al mondo (alla classe) di tutti. A tale proposito è interessante dare un’occhiata ad un contributo interessante fornito dall’UNESCO (e citato nelle LINEE GUIDA) come strumento di autoanalisi per l’insegnante al fine di individuare facilitatori universali. Cfr. UNESCO – Training Tools for Curriculum Development, 2016. Pag. 110
3) Debito di funzionamento – che cos’è?
Tra gli allegati del decreto ce n’è uno definito “scheda per la definizione del debito di funzionamento”.
Attenzione! Questo non riguarda l’alunno, ma i Docenti e l’Istituzione. Ovvero: cosa devono mettere in campo la scuola e i docenti per “colmare il gap” ovvero le difficoltà che l’alunno presenta nell’incontro con il contesto.
Nelle linee guida si riporta che: in linea con la prospettiva e la terminologia ICF, sono state definite “debito di funzionamento” il quantum che è richiesto alla scuola e a tutti gli attori del processo inclusivo per azzerare le barriere e potenziare i facilitatori, così da creare un contesto/ambiente di apprendimento in grado di far sviluppare le potenzialità dell’alunno.
4) Raccordo con il Progetto Individuale
Un ultimo aspetto importante è il raccordo tra PEI e Progetto Individuale.
Poiché la scuola è un segmento del Percorso di Vita, nel PEI va esplicato il suo raccordo a quest’ultimo.
Nel caso in cui il Progetto Individuale sia stato già redatto, al momento della predisposizione del PEI, è necessario riportare una sintesi dei contenuti e aggiungere informazioni sulle modalità di coordinamento e interazione con il PEI, tenendo conto delle considerazioni della famiglia.
IN SINTESI:
Se fino ad ora vi è stato uno sbilanciamento più su un asse medico/clinico, il nuovo modello di PEI costringe a sbilanciare l’intervento verso un asse educativo/didattico ponendo l’accento su ATTIVITA’, STRATEGIE e STRUMENTI.
Se prima l’approccio alla persona era più di tipo FENOMENOLOGICO (finalizzato a descrivere cosa “non funziona” nella persona – secondo un punto di vista MEDICO) ora l’approccio mira ad essere EZIOLOGICO (finalizzato a indagare le cause, cosa non fa funzionare la persona e questo va fatto dal punto di vista PEDAGOGICO).
Il nuovo modello è organizzato per costringere i docenti a ragionare in termini di barriere e facilitatori descrivendo, raccontando, narrando. Non potrà più contenere solamente parole/frasi approssimative e valutazioni sommarie, ma un’attenta descrizione di quelle che sono le attività da proporre, le strategie e gli strumenti, facendo attenzione a quelli che sono le barriere e i facilitatori.
Certo, chi non è capace di ragionare in questi termini non può compilare il documento in questo modo. Verissimo, ma se prima tale difficoltà poteva più facilmente tradursi in incapacità dell’alunno, ora abbiamo più armi a nostro favore per contrastare questo “facile” equivoco.
Sappiamo anche che fare diverso propone più possibilità per pensare diverso e quindi chissà che dovendo per forza descrivere il contesto pian piano non ci si alleni sempre più ad osservare come risponde la persona a questo.
A questo link ci sono tutti i documenti ministeriali per chi volesse approfondire. https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/decreto-interministeriale.html
E’ importante poter leggere, accanto alla critiche e alle riflessioni, anche i documenti originali. Questo per cercare di orientarsi tra quanto viene scritto e i modi in cui questo può essere interpretato.
NOTE, altri approfondimenti
Nelle linee guida si legge: Dal Profilo di Funzionamento è possibile evincere quali sono i fattori contestuali che condizionano il funzionamento. Tuttavia, pur in assenza del Profilo di Funzionamento, è possibile effettuare osservazioni sul contesto, tenendo anche conto della prospettiva bio-psico-sociale, al fine di identificare barriere e facilitatori da considerare per mettere in atto interventi efficaci. La prospettiva bio-psico-sociale alla base di ICF CY identifica, nei fattori contestuali, due grandi ambiti, che interagiscono tra di loro: fattori ambientali (estrinseci ed esterni all’alunno/a) e fattori personali (intrinseci ed “interni”). Entrambi i fattori sono in relazione con le Funzioni del Corpo, le Attività Personali e la Partecipazione sociale, migliorandone o rendendone possibile il funzionamento (facilitatori) oppure ostacolandolo (barriere).
Questo ci ricorda che le caratteristiche di ciascuno di noi si incontrano con le caratteristiche del contesto ed è proprio in quest’incontro che possono nascere difficoltà o emergere potenzialità. Pertanto non sarà più sufficiente dire “il bambino ha difficoltà di linguaggio”, ma quale sono le occasioni, le atmosfere, le modalità che sostengono la sua produzione/comprensione linguistica, la comunicazione? E quali sono quelle che la inibiscono? Quai strumenti mediatori/attività è bene organizzare per ridurre le barriere e progettare facilitatori?
Le linee guida proseguono con: In ambito scolastico possiamo osservare anche fattori contestuali che hanno entrambe queste valenze – di facilitatore o barriera ‒ come ad esempio nel caso di materiale adattato, vistosamente diverso da quello dei compagni e delle compagne, che facilita certamente la comprensione e l’apprendimento ma che nello stesso tempo può essere rifiutato dall’alunno/a con disabilità in quanto segno evidente di diversità stigmatizzante. I fattori ambientali, secondo la prospettiva dell’ICF, costituiscono gli atteggiamenti, l’ambiente fisico e sociale che condizionano il funzionamento: essi possono essere facilitatori oppure barriere in rapporto al funzionamento della persona con disabilità. Pertanto, al fine di realizzare un contesto scolastico adatto a un progetto inclusivo, è opportuno individuare gli elementi che possono essere facilitatori, da valorizzare nella progettazione e negli interventi educativi e didattici, e identificare gli elementi che rappresentano delle barriere da rimuovere.
Particolare attenzione viene dedicata agli ATTEGGIAMENTI
L’individuazione di barriere e facilitatori deve essere orientata, altresì, a considerare con particolare attenzione gli atteggiamenti. Se rispetto all’ambiente fisico, nel contesto scolastico, può risultare più semplice identificare problematiche legate all’accessibilità e alla fruibilità degli spazi o alla disponibilità di attrezzature didattiche o di supporto (ad esempio barriere architettoniche, locali eccessivamente rumorosi, carenza di tecnologie specifiche, mancanza di supporti per l’autonomia personale etc.), l’osservazione del contesto sociale richiede di considerare le relazioni con insegnanti e adulti di riferimento e con il gruppo dei pari, valutando l’influenza, positiva o negativa, che questi rapporti possono avere.
Ricordiamoci che tra i fattori ambientali da indagare e su cui allenare l’osservazione alla ricerca di barriere vi sono:
- l’atteggiamento e lo stile relazionale del personale scolastico e dei compagni
- l’organizzazione degli spazi e il come viene vissuta (agita o subita) da parte dell’alunno con deficit
- il tipo di materiali e ausili utilizzati e che significato hanno per l’alunno
- l’organizzazione dei tempi e scansioni didattiche e il come viene vissuta (agita o subita) da parte dell’alunno con deficit
- stili e modalità relazionali
- il clima emotivo-affettivo
- gli stili e gli orientamenti: dimensioni culturali, pedagogico-didattiche, cognitivo-apprenditive, curricolari, contenutistico-programmatorie, valutative
- gli elementi organizzativi
- le premesse culturali dell’insegnante, dei compagni: quali idee si hanno circa la persona con deficit, le sue prospettive future. Quali futuri si immaginano per lei…